Che la vendemmia sia con noi!
Settore vitivinicolo, lo sprone per l’Italia
che non c’è o che ci fa!
“In vino veritas!”
Ecco, prendendo spunto, proprio all’inizio del mese della vendemmia, da questo antico detto, possiamo proporre una significativa riflessione con la speranza che si trasformi, nell’attuale momento storico e sociale, anche in un fondamentale auspicio: che le “verità” incoraggianti ed entusiasmanti del nostro straordinario comparto vitivinicolo facciano da indicatore e da esempio per la guida economica e produttiva dell’intero Paese.
Paese, va detto, che ha bisogno più che mai delle sue riconosciute doti di inventiva, di applicazione, di collaborazione e di visione del futuro per poter uscire dalle “aride” e infruttuose “secche” in cui si sta dibattendo.
Sono ormai finiti i “bei tempi”, se mai ci siano stati, di un apparato produttivo nazionale rivolto alle grandi produzioni in serie; l’Italia è, e sarà sempre di più, un Paese di “piccoli e grandi” artigiani che, come accade nell’euforizzante mondo della vitivinicoltura, sono capaci di sintetizzare magistralmente i pregi del territorio in cui vivono coniugandoli con una illuminata e geniale applicazione che l’intuito rende pregevole nei risultati di prodotto e di mercato.
Prendiamo dunque come modello questo settore che oltre a costituire l’ideale complemento della ricchissima tradizione culinaria italiana, unica nel mondo, è anche lo specchio più vero e fedele delle capacità e delle inclinazioni imprenditoriali del nostro Paese, in grado di offrire, nell’estrema molteplicità di sfumature produttive e creative che caratterizzano il territorio italiano, l’unicità inarrivabile dei risultati ottenuti.
Dio salvi l’Italia dai burocrati senz’anima e dagli opportunismi ideologici della politica che senza una visione oggettiva e corretta delle realtà del nostro Paese, inseguono modelli, non solo economici, estranei e inadatti al nostro tessuto sociale, produttivo e imprenditoriale.
Basta viaggiare nel nostro territorio con occhi e spirito aperti per comprendere come “tutto” sia già magicamente presente e delineato, purché non si distrugga ma ci si impegni a conservare, oltre che valorizzare, quell’unicum che gli abitanti della penisola sono sempre stati capaci di rendere vivo e concreto.
Cin Cin, dunque, con la viva speranza che le “veritas” liberate dal nostro buon vino liberino anche le menti, spesso confuse, di chi ci governa.
Roberto Timelli